Rinnovabili, rigassificatori (e carbone). Cos’ha detto Draghi sulla strategia italiana per l’energia- Corriere.it

2022-03-03 06:26:53 By : Mr. Rain High

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén25 feb 2022

In una mezz’ora, tanto è durata l’informativa del presidente del Consiglio Mario Draghi in Aula di Montecitorio sulla crisi tra Ucraina e Russia, il premier ha ricevuto 17 applausi, che lo hanno interrotto altrettante volte. Ben 4 di questi sono stati tributati alla nuova strategia energetica dell’Italia, illustrata da Draghi, per affrancarsi dal gas russo, nel minor tempo possibile. Una realpolitk che vuole liberarsi dalla pastoia burocratica e non esita a ipotizzare la riapertura delle centrali a carbone.

Rinnovabili e lotta alla burocrazia

Draghi nel suo discorso a Montecitorio ha sottolineato chiaramente l’importanza delle fonti rinnovabili e i limiti che trovano nella macchina burocratica. Davanti alla crisi del gas che stanno vivendo l’Italia e l’Europa tutta, ha detto il premier, «la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti». Perché questo è uno dei nodi storici del nostro Paese: la pastoia burocratica. Lo stesso Draghi lo ha voluto ribadire: gli ostacoli alla speditezza non sono tecnici o tecnologici, «ma sono solo burocratici». Quindi snellire le procedure per arrivare più spediti all’obiettivo delle rinnovabili. Un obiettivo che però non è dietro l’angolo. In altre parole, la nostra dipendenza dal gas non si risolverà in tempi previ: come ammette il premier, il gas resta essenziale «come combustibile di transizione».

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Le tre alternative al gas russo

Ecco che allora diventa fondamentale aumentare le forniture alternative al gas siberiano, che sono praticamente tre, come aveva già scritto il Corriere: estrarre più “gas italiano”, ovvero aumentare la produzione nazionale; incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti (il Presidente Joe Biden ha offerto la sua disponibilità - ha chiarito Draghi - a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti); e «rafforzare il corridoio sud a scapito delle altre importazioni», che in soldoni significa: puntare sul Tap, il gasdotto che collega la Puglia all’Azerbaijan (bypassando la Russia); sul Greenstream, il gasdotto proveniente dalla Libia, che lungo 520 km arriva a Gela; e sul TransMed (lungo 2 mila km), che collega il nostro Paese all’Algeria, attraversando la Tunisia fino a Mazara del Vallo. Ad oggi, infatti, l’Algeria è il nostro secondo esportatore di gas, subito dopo la Russia.

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Aumentare le infrastrutture e i rigassificatori

Per aumentare la produzione nazionale di gas, però, occorrono nuovi rigassificatori. Infatti, «la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione. Per il futuro - ha auspicato Draghi - è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture». Ma non è finita qui. Il premier ha toccato un tasto che non sarà apprezzato dai movimenti ambientalisti. Draghi ha, infatti, ipotizzato la riapertura delle centrali a carbone. Ovvio, solo come pezza momentanea alla crisi energetica, o, come ha detto il premier, «per colmare eventuali mancanze nell’immediato». Il ritorno a una fonte fossile altamente inquinante, però, significherebbe rimangiarsi l’impegno ad accaccantonarla preso alla conferenza sul clima di Glasgow dell’anno scorso.

Buono lo stoccaggio in Italia, ma occorre un sistema comune Ue

Infine, il tema dello stoccaggio, fondamentale per intervenire nei momenti di crisi e impedire che alcuni Stati dell’Unione vadano in sofferenza. Secondo Draghi, «l’Italia è impegnata a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture». La crisi attuale potrebbe spingere finalmente la Ue a «una risposta positiva sul tema». Il nostro Paese ha beneficiato, a inizio inverno, di una situazione migliore rispetto a quella di altri Paesi europei, «anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture». Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano fermi al 75%. Ora, però, gli stoccaggi - utilizzati a pieno ritmo - «nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione - spiega Draghi -, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania». La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti nel nostro Paese, ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi.

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

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