TREVISO Si fa presto a dire Nimby. Non lo voglio ma solo perché è nel mio giardino di casa: «Not in my backyard». Poi capita che Marta, gentile come ormai quasi solo gli anziani sanno essere, ti apra il cancello del suo giardino; allora la prospettiva cambia. «Le parole non hanno significato, si dimenticano», dicevano i Depeche Mode in Enjoy the silence . Nel giardino di Marta puoi permetterti di non ricordare cosa significhi Nimby ma non puoi godere di una scheggia che sia una di silenzio. Dal giardino di Marta, se guardi ad est, vedi il letto di cemento della Pedemontana. Il vallo, che potrebbe ospitare un fiume e un fiume ospiterà, anche se fatto di camion, dista cinquanta metri. Sguardo a nord-ovest; cresce la distanza ma anche, se possibile, lo sgomento. Il profilo della campagna trevigiana è rotto da una cornice di cemento, un gigante grigio che sarà il casello di Spineda, frazione di Riese Pio X, 1320 anime a cinque chilometri dal centro principale. Fatte le proporzioni, vien da dire che Spineda sia diventata una frazione della Pedemontana. La super strada serve al Veneto per togliere il tappo di traffico a nord della sua economia di nuovo effervescente, pur tra le difficoltà del presente. La gente di qui lo sa o, almeno, si sforza di accettarlo. Dove vai incontri più che altro rassegnazione, forse residuo di rabbia sbollita, filtrata anche dal fatalismo di un Veneto che qui è ancora antico. «Tanta polvere - dice Marta, 75 anni -. Bisogna tenere chiuso anche col caldo. Sarebbero pagati per bagnare tre volte al giorno e invece...». L’anziana, appesa alla recinzione, osserva i papaveri sfiorati dal cemento: «Era nostro fino alle piante, lì in fondo. Per questa terra abbiamo speso trenta milioni, per fare un’altra casa per mia figlia, ma non ci davano il permesso. Lì (indica un cartello stradale: Spineda a destra, dritto per Fonte, ndr ) avevamo fatto l’accesso del gas, con tre milioni. Abbiamo chiesto e richiesto l’allacciamento ma ci hanno detto che non sarà fatto». Quindi? «Abbiamo le bombole. Se resto da sola, perché viene a mancare mio marito, da qui me ne vado. Mi trasferisco in centro. Ho un piccolo appartamento di mia figlia, ma in parte l’ho pagato anch’io, per cui...». Anche il rumore è relativo: «Ora non sento neanche le auto, prima le sentivo. É tutto un passare di camion...»
Il marito di Marta, Pietro, panettiere in pensione, parla con accento straniero: «Sì, sono friulano. Non vado neanche a votare, tanto fanno quello che vogliono lo stesso. Qui in frazione non hanno messo né un passaggio pedonale per noi vecchi, né una lampada per dare un po’ di luce. Niente». Ha 79 anni, Pietro, per cui ti spiega che per la servitù al cantiere su un suo terreno ha preso «due milioni e sei». Trasecoli ma si tratta di Lire. Sono 2600 euro, fatto il cambio: «Intanto - ricorda bene - pago da due anni l’Imu su questi 280 metri quadri: due rate l’anno da 65 euro. In Comune avevano detto che quest’anno non sarebbe arrivato il bollettino, invece è arrivato». Altro panorama. Via Fonte è tagliata a metà dal cantiere. «Varda cossa che i gà fatto. Distrutta na campagna... E va ancora fatta la cassa di espansione», dice Paolo, casa al civico 7A. Ha settant’anni e, per salutare il vicino del 7B, da cui fra l’altro comprava comodamente frutta e verdura, ora deve fare un buon chilometro di viabilità provvisoria. «Quelli dei lavori si sono sempre comportati bene ma il cantiere ha creato grosse difficoltà». Pare rassegnato... «E cossa vuto far? Se te te incattivissi credito de risolvar el problema? I me gà messo in crose... In paese? Tutti parla, tutti. I a gà a morte ma a strada se stata messa qua e no se pol far altro. Che a sia finia presto, che almanco se a godemo e ciapemo l’autostrada qua da drio...». Andiamo dal vicino del 7B, Piero, parente dei Pivato, «ortaggi a km zero». «Quel terreno lì davanti ce lo hanno portato via. Era coltivato a grano e frumento. A me, che non sono coltivatore, per la mia parte hanno dato otto euro a metro quadro. Ha fatto maltempo ma prima, quando andavano su e giù i camion, c’era un metro di polvere». Letizia, fattoria Prima Luna: «Ormai non possiamo fare più nulla. Abbiamo fatto le battaglie legali, speso soldi e anni per nulla. Guarda la nostra campagna: è stata distrutta. I camion? Certo che ci spaventa questa cosa, soprattutto il traffico. Tu - secca e rivolta a noi - devi batterti contro Zaia, che ha permesso il passaggio di un numero di veicoli che invece non passeranno. Andava fatta vent’anni fa questa strada, ora non serve e la pagheremo noi a Sis...».
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Da Spineda a Malo, nel Vicentino. La voce della verde Vallugana, verde almeno fino a ieri, racconta il disagio Pedemontana. «Qui c’è da impazzire - dicono i residenti, riuniti in comitato – ad ogni mina (del cantiere, ndr ) è come se crollasse tutto. Ne risentono le case ma anche la salute». Luisa Saccarda ha provato a dormire in ogni stanza della casa, taverna inclusa; ora è insonne e in cura per l’ansia: «I generatori sono sempre accesi, il rumore del martellone è costante, poi il via e vai di camion e quelle esplosioni che fanno tremare tutto in casa. Si sta male da matti». Francesco Viero, ingegnere: «È come se dovesse crollare tutto da un momento all’altro, un boato che arriva da sotto i piedi...». Il messaggio nel gruppo Whatsapp, che avverte delle esplosioni in programma, a volte non arriva: «Sarebbe da scappare via - dice Esterina Sbalchiero, 69 anni - ma abbandono la mia casa? Le barriere sono troppo basse, le polveri finiscono nell’orto e se ci azzardiamo a mangiare qualcosa è solo perché lavato col bicarbonato. La mia nipotina non la faccio più giocare fuori. Ho sempre la tosse e per il medico è colpa dei lavori. A mia cognata lacrimano gli occhi...». Storie di giardini affacciati su un cantiere e di parole, come Nimby, che qui vogliono dire nulla.