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Il 25enne senegalese è arrivato in Italia su un gommone dopo anni strazianti in Libia. Dopo l’atto eroico il suo primo messaggio è stato per l’educatrice Giusi Re: «Tu sei un po’ la mia mamma»
Lamine Gaye e la casa in fiamme a Vimodrone
Due metri di altezza per cento chili di peso e 25 anni ormai — ma la prima cosa che fa dopo aver salvato dal fuoco due anziani e averli portati fuori dalla loro casa in fiamme , ancora con le scarpe e la camicia sporchi di fumo, è mandare un vocale a Giusi, educatrice della comunità dove è cresciuto: «Volevo dirlo a te che sei un po’ la mia mamma , oggi sono riuscito a fare una cosa importante». Lamine Gaye , originario di un villaggio in Senegal , è arrivato in Italia come minore straniero non accompagnato dopo anni strazianti in Libia e un viaggio in gommone che è meglio non ricordare. Ha avuto vicende penali ed è cresciuto alla comunità Kayròs con don Claudio Burgio e l’educatrice Giusi Re , che gli è rimasta nel cuore. «Facevo tanti sbagli , quando ero là, avevo un grandissimo vuoto dentro, è stato difficile entrare in una famiglia che non era la mia. Ma Giusi arrabbiandosi molto, mi parlava sempre . Anzi, ogni arrabbiatura era occasione per parlarmi di più. E questo, alla lunga, è servito», la ringrazia.
Lamine con la sua educatrice Giusi Re Giovedì mattina Lamine, che da qualche tempo abita in autonomia ed è addetto alla sicurezza in un supermercato , attraversava la piazza di Vimodrone , diretto al lavoro, con un amico d’infanzia, Musa. I due vedono che al secondo piano di una casa si sbracciava un signore: «Al fuoco al fuoco!» , urlava. Dall’interno si intravedeva già il rosso delle fiamme, fuoriusciva tanto fumo. C’era molta gente intorno, che filmava con il telefonino. Lamine invece con prontezza si è mosso, probabilmente evitando il peggio. Si è tolto la giacca elegante del lavoro, l’ha consegnata in fretta all’amico, ha scavalcato l’alto cancello che circonda la casa e si è arrampicato sul muro fino ad arrivare al primo piano e poi su fino al secondo , dove c’erano le fiamme.
«Non so come ha trovato il coraggio», dice ancora incredula una mamma, Alice Carrera, che per caso ha assistito alla scena. «È stato incredibile quello che ha fatto », conferma Antonio Compierco, tassista. Racconta Lamine che non ha avuto paura: «In Senegal quando scoppiava un incendio era peggio. Le case sono di paglia e attaccate le une alle altre, in un attimo il fuoco si propaga. Noi ragazzini dovevamo correre fino al pozzo per prendere l’acqua —- abbassa gli occhi —. Lo sa bene anche Musa, lui è anche più sfortunato di me perché sta ancora aspettando il permesso di soggiorno da rifugiato politico».
Nell’operazione di salvataggio, Lamine non ha trascurato alcun dettaglio. «Sono entrato, ho subito chiesto se c’erano bambini o donne incinte. C’erano invece due anziani, un ragazzino e il signore che si sbracciava dalla finestra, con un cane — racconta —. Mi è venuto in mente che il pericolo era anche il gas , chiedevo dove è il quadro per spegnerlo ma erano nel panico e non riuscivano a dirmelo, così ho girato per la casa in fiamme fino a che non l’ho trovato», racconta con la semplicità dei suoi giovani anni.
Ha buttato fuori dalla finestra delle tende prima che si incendiassero, raccolto un estintore e ha iniziato a spegnere il fuoco prima che arrivassero i pompieri. Man mano, con l’aiuto dell’amico, ha posizionato una scala e aiutato nella discesa gli anziani, poi il ragazzino, infine il signore e il cane . La sua preoccupazione era che gli anziani cadessero dalla scala: «Li tenevo abbracciati come fossero i miei nonni», dice. Ieri, quando è stato chiamato dal sindaco di Vimodrone Dario Veneroni che ha voluto rendergli onore, Lamine sorrideva: «In Italia è la prima volta che mi ringraziano ». Ed è andato a trovare la sua «mamma» Giusi.
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